Favignana è celebre per il suo mare, per il suo vento e per la sua storia, strettamente legata a quella dell’antica famiglia Florio, con la mattanza e il commercio del tonno in scatola, un’innovazione epocale, questa della conservazione sott’olio, che porta la loro firma, una vera rivoluzione.
Ma su quest’isola a forma di farfalla, volendo godersi la calma di quella che qui è considerata come campagna e della natura, esiste un luogo incantato, che dona l’impressione di essere catapultati in una fiaba, in un mondo a parte, realizzato con piante e fiori di ogni tipo, dove il silenzio è d’oro e l’atmosfera assume toni magici. Persino il nome di questo luogo sembra uscito direttamente da un romanzo fantasy: il Giardino dell’Impossibile.



Si tratta di un giardino ipogeo (quindi sotterraneo, ma a cielo aperto) che si estende per più di quattro ettari e che accoglie una ricca vegetazione, costituita all’incirca da 500 specie di esemplari, provenienti da tutto il mondo.


La mano che ha dato vita a questo importante progetto, è quella di Maria Gabriella Campo, una donna di origini palermitane che cominciò a frequentare Favignana dopo essersi sposata con un uomo del posto, negli anni Sessanta. E fu proprio a metà di quella decade che cominciarono i lavori per la concretizzazione di questo giardino unico al mondo.


Unico a causa della sua struttura, che sfrutta quelle che sono le vecchie cave di calcarenite ormai in disuso, per aprire un percorso immersivo e incredibile. Camminando lungo i piccoli sentieri, percorrendo le scalinate scavate nella roccia e osservando le alte pareti delle cave che mi sovrastavano, mi sembrava di vivere in un regno fatato, dove ogni radice, ogni petalo, ogni colore, ogni bocciolo che incrocia il nostro sguardo, appare meravigliosamente surreale.




Un lavoro, quello di Maria Gabriella, durato ben cinquant’anni, proprio per far sì che tutta la flora avesse modo di svilupparsi in tutta la sua bellezza.



“Questo giardino nasce da un’idea di mia madre.”, mi racconta Nunzio Campo, il proprietario e gestore di questa struttura, che è letteralmente cresciuto durante la costruzione del Giardino dell’Impossibile, mentre siamo seduti a un tavolino esterno del bar Aegusa di Piazza Madrice. Mentre chiacchieriamo, abbiamo anche la piacevole quanto rumorosa compagnia delle campane della chiesa omonima (di cui vi ho parlato in questo articolo), con il sole di ottobre ancora caldo che ci illumina.


Nunzio, continua il suo racconto: “Non è tanto un’idea, ma un fare, un fare esperienza. […] Mia madre, per distrarsi, comincia a creare un primo prototipo di giardino, ovvero le aiuole intorno alla casa.”
Per Maria Gabriella non fu un’impresa facile sin dall’inizio, poiché una caratteristica del sottosuolo di Favignana è che appena dopo 30 cm di terra, ci si imbatte nella dura pietra tipica del luogo. Ma ciò non la scoraggiò.


“La particolarità, poi, di questo giardino è data dal fatto che a metà degli anni Ottanta, mia madre decise di mettere mano e bonificare un sistema di ex cantieri di pietra e di riqualificarli. L’idea fu quella di utilizzare questi spazi nuovi per tentare di impiantarvi le talee o le altre piante che nel tempo aveva continuato a raccogliere.”
Quest’idea, mi spiega Nunzio, in realtà non venne subito accolta con entusiasmo dalla comunità e dagli amici di Maria Gabriella, poiché veniva considerato un “tentativo fallimentare a priori, perché piantare delle piante in mezzo alla sabbia non è esattamente possibile, anzi è impossibile. Mia madre, per fortuna, si impuntò su questa sua idea.”


Un’altra peculiarità di questo giardino, sin dagli albori, è la quasi totale mancanza di progettualità, in favore dell’istinto e della spontaneità. Nunzio continua a raccontarmi, mentre il vociare degli ultimi turisti della stagione estiva ci circondava e da dentro il bar si sentivano i continui rumori di piattini e di tazze: “Non è un giardino disegnato, non è pensato prima, ma è un giardino che cresce col tempo, nel tempo e in base alle esperienze, disastrose o meno che si vanno a fare all’interno della proprietà. Sistemare una parte di terreno per renderla coltivabile, dissodare delle pietre, superare determinati ostacoli legati agli impedimenti del terreno poco pratico, ostico.”


Tutto questo processo di riqualificazione ambientale è avvenuto nell’arco di più di vent’anni, dalla metà degli anni Ottanta fino al 2010.
Pensate: dacché l’intento era quello di abbellire l’esterno della propria casa con delle aiuole ricche di fiori, si è arrivati a coltivare questo hobby e a farlo prosperare come un vero e proprio impegno, fino all’attuazione di un’opera di archeologia industriale, come la definisce Nunzio, mentre arriva la cameriera del bar a prendere le nostre ordinazioni. 


Dopo aver scherzato sul mio caffè macchiato freddo e sul suo orzo decaffeinato, Nunzio mi spiega come, a una prima occhiata superficiale, qualsiasi giardino sia incasellato come un semplice passatempo, quando in realtà, per farlo fiorire, ci vuole tanto lavoro e costanza, paragonando questo esercizio a quello che si può applicare nella costruzione di un’opera architettonica.

Come ho accennato sopra, le piante presenti all’interno del Giardino dell’Impossibile non sono tutte autoctone, ma arrivano da diverse parti del mondo. Nunzio mi spiega che non c’è mai stata una vera e propria selezione dei vegetali, degli alberi e degli arbusti messi in mostra: la scelta è sempre stata dettata dalla curiosità e dal puro gusto personale di sua madre. Ovviamente, questo nel rispetto del patentino di ogni pianta.


Nunzio mi racconta che ha sempre partecipato all’attività di sua madre, con un’ammirazione sempre più incessante alla vista di ogni pianta, godendo delle opere di bonifica delle cave e ascoltando con attenzione tutte le elucubrazioni di Maria Gabriella sulla flora da lei curata.
Se gli si chiede quale sia la sua parte preferita, la sua risposta è: “Sicuramente tutto. Ma la parte del ninfeo, la parte più antropizzata delle cave, quella più rigogliosa… mi piace il rigòglio, il fatto di stare dentro, sotto a un livello ipogeo, vedendo la verticalità delle piante… mi dà un senso di bosco.” In effetti, quella parte di giardino, una delle ultime visitabili durante il percorso illustrato dalla preziosa audioguida elaborata da Nunzio stesso, mi ha dato l’impressione di immergermi in un luogo mitologico. Da un momento all’altro, mi aspettavo che qualche ninfa fuoriuscisse dalle acque della vasca centrale, coperta di alghe, ninfee, con le Muse pronte a raccontarmi una qualche leggenda sul loro conto.



Da qui, si accederà poi a una nuova zona (work in progress) del Giardino, situata in un antico pozzo ancora più in profondità rispetto al resto.
“La visita comincia dalle cave più antiche, che sono comunque più basse e meno profonde, suggestive con il loro effetto foresta, poi ci sono i percorsi nella grande cava.” Continua a raccontare Nunzio “Danno quel senso di sole, di calore, di pietra, di deserto, le piante cominciano a crescere, svilupparsi, a diventare sempre più grandi e poi si scende ancora di più nei grandi spazi forestali. Dal più alto al più profondo. Mi piace gestirlo come se fosse un percorso architettonico!”. Non a caso, Nunzio ha studiato Architettura a Palermo, con un Master in Restauro.


Stiamo parlando di un’opera d’arte naturale a cielo aperto. Certo, la mano dell’uomo c’è stata, è servita per plasmare l’ambiente a proprio vantaggio, ma la riqualificazione territoriale è un po’ come il restauro di un’opera d’arte, appunto.


Inoltre, il Giardino dell’Impossibile opera non solo come attrazione turistica, ma anche come residence: il residence Villa Margherita, costituito da dependance indipendenti, immerse nel verde, con una piscina e aree relax incorniciate dalle meraviglie floreali di tutta la struttura.
QUI potete trovare il sito web per prenotare la visita al Giardino dell’Impossibile, ma anche il vostro soggiorno sull’isola all’interno del residence.


Insomma, vi invito caldamente a visitare questo fantastico luogo dall’aria mistica, questo “museo naturalistico”, una tela grezza fornita dalla Natura dove una donna coraggiosa, con la sua forza e la sua tenacia, nonostante le opinioni contrastanti, è riuscita a realizzare un labirinto artistico e selvaggio veramente straordinario.
In effetti, come diceva Victoria Mary Sackville-West, poetessa, scrittrice, e botanica inglese (1892 – 1962): “Ogni giardiniere dovrebbe essere un artista del suo genere. Quello è il suo modo possibile di creare un giardino, indipendentemente dalla dimensione o dal benessere.”


[…] luogo che, come avevo già scritto in passato nell’articolo che potete leggere cliccando qui, sembra un mondo a parte, realizzato con piante e fiori di ogni tipo, dove il silenzio è d’oro e […]