Quando si parla di un luogo affacciato sul mare, come un’isola, per l’appunto, si tende sempre a descriverne le caratteristiche diurne. Si cerca di sottolineare costantemente quanto sia luminoso il sole, quanto sia calda e bianca la sabbia, quanto sia cristallino il mare. Ed è giusto così, perché sono questi i punti di forza per eccellenza di una terra bagnata dalle acque salate.

Ma a Favignana ho scoperto ancora una volta la bellezza dell’atmosfera e del paesaggio circostante quando il sole è ormai tramontato e la luna, accompagnata dalle stelle, fa capolino per prendersi tutto il palcoscenico del cielo.

Effettivamente, abituata a vivere a Milano, per osservare bene il creato notturno, devo sempre prendere le debite distanze dalle luci della metropoli che fanno brillare l’etere quasi come se fosse giorno e confondono.

Se si vuole stare al cospetto del firmamento, in tutto il suo splendore, di solito, bisogna recarsi in cima alle montagne, in una landa desolata, in pieno deserto o in alto mare.

Favignana è a meno di dieci chilometri dalle coste della Sicilia, ma nonostante ciò, soprattutto durante l’inverno, non vi è quasi alcun inquinamento luminoso ed è fantastico.

Qualche sera fa, ho avuto modo di passeggiare per le strade del centro del villaggio e di affondare i piedi nella sabbia della piccola spiaggetta situata accanto all’ex Stabilimento Florio: la Praia.

E l’aria che si respirava era davvero sublime.

Come accennavo, nella stagione più fredda (anche se per una nordica come me, qua al sud si può parlare di un’eterna primavera, considerate le temperature), non tutte le attività commerciali sono in funzione. Ne rimane aperta solo qualcuna, pochi ristoranti e un paio di pub, per lo svago degli abitanti dell’isola e i pochi turisti che approdano per un giorno o due o nelle festività.

Appena ci si allontana, dunque, dal corso principale, dove si può sentire la musica proveniente dal New Albatros, uno dei due locali “sempreverdi”, per così dire, ci si immerge in una meravigliosa melodia naturale.

Il soffiare del vento (visto che Zefiro, qui, è di casa), lo sciabordio dell’acqua nel porto, che calma e tranquilla lambisce il molo, il suono che emettono le cime delle barche, quel cigolio piacevole del cordame teso, mosso dal vento, ormeggiato alla banchina.

La sensazione che si avverte è di una felice unione tra Uomo e Natura, dove essa rimane comunque incontaminata, nonostante la nostra presenza.

La pace che si sente chiudendo gli occhi e ascoltando questo canto quieto è impagabile.

E alzando lo sguardo, si scopre un altro immenso mare: il mare oscuro del cielo, dove le onde sono sostituite dallo scintillio delle stelle. Tutte in mostra, in bella vista, a ricordare quanto siamo piccoli dinanzi all’immensità dell’universo.

E questa danza cosmica ti accompagna anche per le viuzze del borgo, in mezzo a quelle case che sembrano essere uscite da un’altra epoca, in alcuni punti erose dalla salsedine e dallo sferzare del vento.

Ma ciò che affascina è che ogni mattonella, ogni ciottolo, ogni porticina di legno, ogni corrimano o ringhiera arrugginita, persino il lastricato, sembra che parlino, che raccontino qualcosa di chi è passato in quella stradina prima di me.

E mentre esci dal paese, incamminandoti verso i campi e verso il mare, la notte diventa quasi una compagna, un’amica, con la luna che si trasforma nell’unica vera fonte di luce, con la sua alba di perla, per citare Pascoli.

Non si può fare altro che pensare alla frase del famosissimo pittore olandese, Vincent Van Gogh: “Penso spesso che la notte è più viva e intensamente colorata del giorno.”