La sera del 30 aprile, il ristorante Giardino Sotto Sale di Favignana è stato teatro di una squisita cena privata, con una degustazione preparata dallo chef d’eccezione Matteo Boglione, che nel corso della sua carriera, nel 2010, con il suo ristorante Il Matto a New York, ha conquistato due stelle Michelin. Successivamente, lavorando nel prestigioso ristorante Le Cirque, sempre a New York, è diventato il suo primo executive chef italiano: erano quarant’anni che il locale non disponeva di uno chef nostrano.

Già da queste poche righe potete capire il valore di una simile cena.

In cucina con Boglione, ad aiutarlo, Francesco Balzani, il direttore e ideatore dei ristoranti del brand Sotto Sale di Favignana, di cui fa parte, appunto, anche il Giardino.

Non era la prima volta che i due si incontravano, considerato che questa non è una collaborazione del tutto casuale, ma il risultato di un’amicizia che dura da tanto tempo, sin da quando entrambi avevano vent’anni, nel periodo in cui Francesco lavorava come barman e Boglione come cuoco in Toscana.

Ma veniamo al menù di qualche sera fa, assaporato in una location veramente romantica e suggestiva. Tengo a precisare che non sono una critica gastronomica, dunque quanto leggerete si basa sulla mia esperienza personale e sui miei gusti, oltreché sul riscontro positivo da parte dei clienti.

La cena era composta da cinque portate: un antipasto, due primi, un secondo e un dolce.

Ma prima di iniziare, i commensali sono stati accolti da un’appetitosa entrée di benvenuto, un’amuse—bouche (termine francese con cui in cucina si designa uno stuzzichino, un assaggino in attesa del vero pasto, traducibile in italiano come “diverti-bocca”), caratterizzata da una base di crema di caciocavallo, su cui era posta una pappa di pomodoro croccante, sovrastata infine da una tartare di tonno. Un sapore caldo e avvolgente e intenso che riempiva il palato. Una piccolissima porzione, giusto per trasmettere il livello dei piatti che sarebbero arrivati a tavola di lì a poco, ma che, nonostante le dimensioni ridotte, risultava estremamente gustosa e piena.

Di seguito a questo prelibato boccone, mentre sorseggiavamo del buon vino consigliato dalla casa, ecco l’antipasto: polpo croccante su purè di cipolla rossa e pesto di basilico, con feta e pomodorini confit. Onestamente, dopo aver mangiato tutti i piatti del menù, avrei chiesto il bis, il tris e il “quadris” sia dell’amuse-bouche, che dell’antipasto, tanto erano deliziosi. La cottura del polpo era perfetta, senza risultare gommoso, ma croccante al punto giusto. Un sapore fresco e ben bilanciato, benché la temperatura del cefalopode fosse ancora calda. L’abbinamento con le salse, che in bocca risultavano come una carezza per le papille gustative, era eccezionale, ma il vero tocco di genio è stato l’accostamento con la feta.

Sono rimasta gradevolmente stupita dal primo dei first course della degustazione: un risotto con crema di piselli, burrata, completato da una tartare di gamberi rossi con la sua bisque. Con quest’ultimo termine, si indica una zuppa o un brodo a base di crostacei, generalmente di gamberi, di aragosta o di astice. È curioso che, in passato, la bisque si riferisse a una zuppa di piccioni e che abbia cambiato il suo significato nel corso del tempo.

Il mio stupore è perché appare inusuale servire il risotto come portata principale in Sicilia, specialmente per una milanese doc come me (e sanno tutti che il risotto, a Milano, è il nostro cavallo di battaglia).

Effettivamente, tuttavia, le origini di Matteo Boglione sono toscane e l’influenza che ha avuto dai vari tipi di cucina in diversi territori, abbinata alla sua creatività, mi hanno fatta ricredere. Inoltre, se il risotto è considerato “del nord”, la tartare di gamberi ci ha riportati immediatamente nel sud Italia. In piatti di questo genere, la tartare di pesce è quasi un classico, un ingrediente che serve a rendere la pietanza più fresca e oserei dire più “leggera”. E da brava nordica quale sono, posso affermare che il risotto era davvero ottimo, con un sapore tendenzialmente dominato a tratti dal legume.

La seconda portata principale ha spostato la mente di noi avventori nel Lazio: mezzi paccheri farciti di cacio e pepe, con ricci di mare, mortadella e granola di pistacchi. Lo so cosa diranno i favignanesi (anche in merito all’amuse-buche): il pesce con il formaggio? Eppure, signori, dovete ricredervi, perché è vero che potrebbe essere visto come un grande azzardo, ma la scoperta nel tempo di alcuni abbinamenti risulta assolutamente golosa e ben studiata. Un piatto veramente godurioso, di quelli che riempiono lo stomaco con poche forchettate e che sono una gioia per la volta palatina.

Una pietanza che mi ha piacevolmente sorpresa e che ho trovato molto interessante in fatto di innovazione e inventiva, nel corso della cena, è stata una rivisitazione “scomposta” del classico vitello tonnato (e anche qui, rimbalziamo in settentrione): un rotolo di tonno crudo rosso di Favignana, accostato a una tempura di limone, adagiato su un rettangolo di cotoletta di vitello alla milanese, guarnito con una mousse di maionese al cappero e salsa tonnata, accompagnato da un pomodorino arrostito e terminato al tavolo con un fondo di ossa di manzo.

Infatti, il nome del piatto era Vitello Tonnato 2.02. Sebbene possa apparire come una portata fatta di ingredienti troppo slegati tra loro, all’assaggio diventava una bomba di sapori penetranti e appetitosi. Personalmente, ho lo stomaco di un uccellino, quindi dopo tutto quello che avevo appena mangiato, cominciavo già a sentirmi piena, altrimenti avrei chiesto un’altra porzione!

Infine, come dessert, una combinazione che mai avrei pensato di poter apprezzare, ma che in questo contesto mi ha, come si suol dire, aperto un mondo: una millefoglie di melanzane posata su una mousse di cioccolato bianco, contornata da torrone e salsa al cioccolato fondente.

Una conclusione perfetta di una serata perfetta, un dolce che non era affatto stucchevole, nonostante fosse altamente goloso.

Francesco vorrebbe sfruttare meglio la location del Giardino Sotto Sale, immerso in un’atmosfera quasi magica, con quel sentore di etnico che la contraddistingue. Un sentore che si rispecchia nel menù di ogni giorno, che potete scoprire sulla pagina Instagram del Giardino (cliccate qui, quo e qua per trovare tutti e tre i profili dei tre ristoranti Sotto Sale) Soprattutto, vorrebbe organizzare altre serate simili, capaci di ospitare grandi personalità del mondo gastronomico, ma anche di coinvolgere il pubblico con eventi artistici degni di tale nome.

D’altro canto, il filosofo inglese Theodor Zeldin diceva: “La gastronomia è l’arte di usare il cibo per creare felicità.”