L’Italia è meravigliosa, uno dei Paesi più belli al mondo proprio per le particolarità uniche e riconoscibili di ogni regione. E non solo di ogni regione, ma anche di ogni provincia, ogni cittadina, ogni borgo.

Tutti gli angoli del nostro Paese hanno una storia da raccontare.

Ma una di queste storie italiane che mi è piaciuta specialmente, che mi ha fatta innamorare e che ancora sto scoprendo, è quella di Favignana, un’isola a forma di farfalla, appartenente all’arcipelago delle Egadi, in Sicilia. È un’area marina protetta (AMP) istituita nel 1991 ed è la più estesa in Europa.

E mi sono così invaghita di questo luogo che ho deciso di viverlo, sdoppiandomi in una sorta di “pendolare tra due mondi”, ovvero tra le mie radici milanesi, nella giungla metropolitana, del caos e della frenesia, e l’altra vita a stretto contatto con la Natura, con un mare cristallino, il vento tra i capelli, il sole caldo e il profumo della salsedine.

Beh, in qualche modo, anche questa nuova doppia vita è una sorta di “ritorno alle mie radici”, dato che possiedo un quartino, indietro nelle generazioni, di sangue siciliano.

Favignana è davvero straordinaria, ha un fascino tutto suo, è come una donna in grado di ammaliare al primo sguardo e di rimanerti nel cuore una volta che hai avuto modo di conoscerla.

E sono qua proprio per presentarvela, per narrarvela passo dopo passo, capitolo dopo capitolo, paragrafo per paragrafo, riga per riga…

Ma per innamorarsi di questa “donna” incantevole, come in ogni relazione che si rispetti, bisogna cominciare con una presentazione degna di nota, il classico caffè che si prende con una bella ragazza che si vuole conoscere meglio.

Quindi, eccovi un po’ di generalità su Favignana, la farfalla del Mediterraneo.

Per conoscere qualcuno, si parte dal nome, quindi ecco la risposta alla domanda “Come ti chiami?”

Anticamente il nome di quest’isola era Aigousa, termine greco che significa letteralmente “che ha capre”, proprio per la grande quantità di capre selvatiche che, a quel tempo, pascolavano. I Fenici la chiamavano Katria, i latini Egate.

Ma comunque, nel Medioevo cambiò in Favignana, nome derivante dal Favonio, l’antico nome del vento di ponente che regna in questa zona e ne governa il clima.

E state tranquilli… quando dico che a Favignana il vento regna… non scherzo affatto. Maestrale, Tramontana, Scirocco, Ponente: quando ci sono questi venti, state pur sicuri che in barca rollerete che è un piacere.

Situata a circa mezzora di aliscafo dal porto di Trapani (e anche piuttosto vicina a Tunisi, nonostante non vi sia un collegamento diretto), viene chiamata “scoglio” dagli isolani, perché la superficie dell’isola non arriva neanche ai 20 km quadrati e, di conseguenza, la popolazione non è certo in esubero durante l’inverno. Gli abitanti sono poco più di 3400, comprese le altre due isole più piccole, Marettimo e Levanzo.

Ricordiamo anche l’isola privata di Formica, un piccolo lembo di terra facente parte dell’arcipelago.

Vi parlerò in seguito di queste altre fantastiche isole, perché meritano assolutamente anche loro tutta la nostra attenzione, ma per il momento mi concentrerò su Favignana.

Quando finalmente, si arriva a Favignana, dopo che si è sbarcati al porto di Trapani e si è preso l’aliscafo o il traghetto, si viene investiti dal vento e al naso arriva immediatamente l’intenso odore del pesce fresco, che riporta la mente subito al mare, messo in esposizione sui banchi del piccolo mercato ittico situato proprio sul molo di attracco degli aliscafi, come tanti gioielli in una vetrina di Piazza del Duomo a Milano.

Gli occhi cadono sulle barche attraccate ovunque: dai natanti da pesca pieni zeppi di reti, alle imbarcazioni più grosse usate per le escursioni; da quelle a motore e i catamarani, a quelle a vela; dai motoscafi ai gommoni.

E nonostante questo via vai di gente, l’acqua del porto è sempre azzurra e trasparente, pulita, chiara e pullulante di pesci.

Successivamente lo sguardo va alla vicina Villa Florio e alla tonnara ormai in disuso, richiamando alla mente i capolavori di Stefania Auci, “I leoni di Sicilia” e “L’inverno dei leoni”, i due romanzi che descrivono le vicende di una delle più importanti famiglie della terra dei cannoli e delle arancine (o degli arancini, a seconda della zona della Sicilia da cui si proviene), coloro che hanno creato il rivoluzionario metodo di conservazione sott’olio del tonno, nell’Ottocento.

Vi parlerò più in dettaglio di questa stirpe in un prossimo articolo.

La Villa e l’ex stabilimento Florio sembrano quasi vivi, come una dama e il suo consorte che osservano attentamente chi decide di attraccare sulle sponde della loro casa, alla pari di quando si accolgono gli ospiti a una cena di gala.

Dal porto degli aliscafi, entrambe le strutture sono raggiungibili benissimo a piedi, ma a Favignana è sempre meglio noleggiare una delle migliaia di biciclette e motorini presenti sull’isola. Infatti, il miglior modo per circolare è utilizzare uno di questi veicoli a due ruote. C’è anche la possibilità di prendere a noleggio l’auto, ma è meno funzionale e poco disponibile.

Tra l’altro, se volete un contatto diretto con gli isolani, per poter chiedere informazioni riguardanti alloggi, noleggi, escursioni e quant’altro (nonché per rifarvi gli occhi con migliaia di foto e video postate dagli utenti), vi consiglio di dare un’occhiata alla pagina Facebook Favignana Turismo, alla quale sono iscritta anche io.

Alzando la testa e osservando più in alto, si nota un altro simbolo per eccellenza dell’isola: il Castello di Santa Caterina, i cui resti sono arroccati sulla cima dell’omonimo monte, ovvero una collina alta 310 metri, chiamata dagli abitanti “la montagna”, attraversata da una galleria, unica strada che congiunge le due “ali” di questa farfalla posata sul mare.

Perché Favignana ha due anime: una di roccia e una di mare.

Comunque, una cosa è certa: Favignana la si gode appieno dal mare. Per girare attorno all’isola, nelle cale più belle, non si ha che da scegliere tra tutte le escursioni che si possono prenotare. I barcaioli, tutti con un sorriso e una spensieratezza contagiosi, offrono, compreso nel prezzo che oscilla intorno ai 60 euro a persona più o meno, un pranzo ricco e gustoso, con prodotti tipici del luogo. Mi ricordo ancora quella buonissima caponata che mi sono goduta dopo essermi tuffata dalla barca la prima volta: le loro pietanze sono una specie di droga per il palato, tanto sono buone. 

Tra busiate, tartare di tonno, spaghetti ai ricci di mare, sughi trapanesi, gamberi rossi, pistacchi, polpi, fritti misti… si è sempre indecisi su cosa scegliere quando ci si siede a tavola! In un successivo articolo vi parlerò in maniera più analitica delle loro ricette.

E scriverò anche diversi pezzi dedicati ai vari ristoranti e luoghi dove poter gustare questi piatti.

Tornando al mare, tra le soste più spettacolari da non mancare, c’è sicuramente Cala Rossa, la più famosa, chiamata così per due motivi: il primo, forse anche il più scontato, è per la colorazione che assumono le rocce della scogliera, tendenti al rossiccio; il secondo, che è anche quello che preferisco insieme ai favignanesi che lo narrano come fossero dei Ciceroni, è il sangue dei feriti e dei caduti nella cruenta battaglia tra romani e cartaginesi che ebbe luogo nel 241 a.C. Quel giorno, si dice ci fosse vento da nord, quindi vento di Tramontana, che contribuì a tingere di rosso quelle acque che adesso sono più azzurre del cielo, così tanto da sembrare una piscina! Se si osservano dall’alto le varie imbarcazioni ancorate a Cala Rossa, sembra quasi di vederle volare, con le loro ombre che si posano nitide sul fondale bianco e sabbioso. E quelle ombre, come quella di Peter Pan, sembrano volare con una volontà propria verso le altre cale più belle di tutta l’isola.

Una di queste è il Bue Marino, dalle acque verde smeraldo, quella che preferisco più di tutte, dove la scogliera è costellata da varchi oscuri, le vecchie cave di calcarenite, materiale con cui costruivano le case della zona una volta, un intricato labirinto buio che si dipana per tutta l’isola e dove è facile perdersi.

Poi si va verso Cala Azzurra, una delle poche forse più godibili da terra, piccolina e stretta, dove ho preso il sole stesa sugli scogli, addentando un’arancina comprata al RistoBar lì accanto.

Ci sono, poi, lo Scivolo Marasolo, superando Punta Fanfalo (dove è situato il Mangia’s Resort and Villas, dove ho pernottato spesso) e l’isolotto del Preveto, immerso in mille sfumature di azzurro e blu, il cui nome è letteralmente la parola “prete” in dialetto siciliano, a poche decine di metri dalla costa. Esistono varie congetture sull’origine del nome, che in futuro vi spiegherò.

Di fronte si trova un piccolo isolotto chiamato isola dei Gabbiani, raggiungibile a nuoto e ottimo per fare snorkeling, dove nidificano, appunto, i gabbiani reali.

Segue Cala Pirreca dove, di solito, ci si ferma per pranzare tra un tuffo e l’altro, anche questo è un ottimo punto per lo snorkeling: ho nuotato con le occhiate, ammirato le piccole stelle marine sul fondale, raggiunto la spiaggia fatta di sassi dove mi sono sdraiata sotto il sole, dopo aver attraversato una fitta foresta di posidonia, che dal punto di vista naturalistico è estremamente importante perché comprende la prateria più estesa e conservata del Mediterraneo: 7700 ettari. Ricordando che la posidonia è il polmone del Mediterraneo ed è cruciale per l’equilibrio dell’ecosistema marino. Ve ne parlerò meglio in un articolo futuro.

Si passa, quindi, dal faro di Punta Sottile, che sembra sorvegliare il mare aperto e l’isola di Marettimo con il suo occhio solenne, per proseguire verso Cala Grande, Cala Rotonda e successivamente Cala del Pozzo, da me tanto amate, dove il colore del mare e del cielo si confondono, si mescolano l’uno nell’altro.

Dove si può ammirare uno dei tramonti più belli che io abbia mai visto (sono un po’ fissata con i tramonti e ne ho visti tanti in tanti posti nel mondo). D’estate il sole, qui, si trasforma in una palla di fuoco che incanta mentre si tuffa nel mare proprio dietro Marettimo, richiamando un’atmosfera da Isola che non c’è, apparentemente vicina seppur lontana, con quel profilo irradiato dai raggi della nostra stella, pare fluttuare nell’aria sopra il mare.

Ci si può immaginare benissimo di volare sulle acque come Peter Pan, quelle acque che diventano una distesa di argento fuso solcata da lingue di fuoco colorate di arancione, rosso, giallo e rosa.

E poi ci sono le grotte. La Grotta Azzurra, la Grotta Perciata, la Grotta dei Sospiri, la Grotta dell’Amore, tutte raggiungibili a nuoto, dove le pareti rocciose sono dipinte naturalmente di viola e arancione. Soprattutto le ultime due sono fantastiche: entrambe con un varco nel soffitto che fa entrare la luce del giorno quasi fosse un occhio di bue puntato su di te. Ti senti speciale in quel momento, perché pare che la Natura ti stia salutando, ti stia dicendo: “Ecco, vedi che fai parte anche tu di questo posto.”.

E mentre si è immersi in questo spettacolo della Natura, con gli occhi che vedono solo una distesa meravigliosa e infinita di azzurro e i polmoni che si riempiono della sua inconfondibile brezza, non si può fare a meno di ricordare le parole di Ignazio Florio“Il mare è come una madre, ti accoglie sempre.”